Con le più che abbondanti nevicate e la scadenza di vite vissute tra il venerdì sera e la domenica notte abbiamo deciso di confidare nelle schiarite domenicali promesse dal meteo svizzero e puntare verso la zona dello Julierpass.
Da Lecco le intense piogge non rassicuravano circa la veridicità dei colori mostrati dalle animazioni meteorologiche, ma addentrandoci in val Chiavenna il diradarsi del gocciolamento ha rianimato la scintilla della speranza (e la fame di neve). Fatto un rapido pit stop al fantastico Chiosco Pineta ripartiamo forti della consolazione fornita dalla signora dietro al bancone circa le condizioni meteo.
Valicato il Maloja però, il nevischio non accennava a diminuire, e con le pesanti nuvole abbiamo meditato sul da farsi, incerti se puntare verso lo Julier o ripiegare sul penettoneggiante Belvair. Sempre forti delle svizzere previsioni optiamo per lo Julier, e risaliamo fino alle due torri che incoronano la bellezza di questa valle con un discreto giallo e rosso. La seconda delusione arriva nel constatare che nè in zona Guglia, nè in zona Ospizio si riscontrano le tanto agognate condizioni di grande innevamento. L’azione del vento ha limato creste ed alture riportando neve nelle parti più basse della valle.
Ci consoliamo dalla magra visione pensando di risalire i morbidi pendii sopra l’Alp Guglia. Inforchiamo le pelli sotto una lenta ma costante nevicata, alziamo gli occhi alla ricerca di un segno divino ed eccolo: il primo sprazzo di cielo! L’animo si scalda e le gambe si infiammano risalendo verso quel timido solco nella densa coltre.
Dopo la zona di vegetazione protetta, un ermellino bianco ci saltella davanti agli occhi con una grazia che consola la delusione del vedere che lo sprazzo tanto agoniato si è già richiuso cedendo il posto a nuvole ancor più dense e basse.
Giunti al cospetto del Muottin valutiamo di salire verso il Suvretta, ma le nuvole persistenti che ne avvolgono i pendii non convincono, poichè la visuale è già di per sè pessima, come suggerisce G. “evitiamo di mettere il sedere nelle pedate“. Viriamo quindi verso sinistra (Ovest) in direzione della Fuorcla Alva. Qui speriamo di trovare ispirazione e migliori condizioni del manto nevoso, che già a questa quota (2800) inizia a risentire dell’effetto del vento mostrando qualche cicatrice rocciosa sotto al sottile strato bianco.
Mentre risaliamo questo pendio, A. nota un punto nero muoversi nel bianco che tutto divora: una pernice bianca!
L’incontro dura poco, e si fa fatica a capire chi abbia provato lo stupore più grande. Forse noi, scovando in questo candore che tutto divora piccoli occhi neri ed un corpo fragile come questa neve; o forse la pernice, stupita dal trovare avventurieri con queste condizioni.
Raggiunta Fuorcla Alva, dopo un cambio di rotta per favorire pendii più stabili, constatiamo che anche in questa direzione le condizioni non sono minimamente accettabili. Roccette affiorano come funghi autunnali, e della grande neve caduta si trovano solo gonfie eredità accumulate nei canaloni.
Un po’ sconsolati, e soprattutto accecati dai continui whiteout dati dalle basse nuvole decidiamo di ritornare verso la macchina, scendendo in linea diretta verso l’Ospizio.
Nonostante i pendii siano candidi e privi di crepacciature o salti la sciata si rivela più impegnativa del previsto a causa della pessima visibilità. Scendiamo quasi a spazzaneve, alternando brevi ricami nei frangenti di visibilità. Condizioni così pessime regalano sorprese come piccoli muri di neve o cornici verticali che si materializzano istantaneamente durante la sciata; non è quindi raro che la sciata si interrompa con un infilzata di accumuli e conseguenti imprecazioni.
Appena riusciamo ad intravedere i due tralicci di alta tensione sul versante opposto all’Ospizio ci sentiamo già a casa. Scendiamo ora tenendoci sul versante sinistro dell’ultimo dosso sovrastante l’Ospizio e ripelliamo lungo la carreggiata che ci riporta al parcheggio mattutino.
Un secondo approccio non del tutto positivo… ma sicuramente migliore del passare la giornata sul divano.
Stay tuned!
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